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Una malattia, un infortunio o una disabilità possono mettere a rischio l’autonomia di una persona.
L’amministrazione di sostegno è una misura pensata per garantire protezione giuridica e supporto pratico, con il minor sacrificio possibile della capacità di agire.
Vediamo cos’è, a chi serve e come funziona.
L’amministrazione di sostegno è una misura di protezione pensata per tutelare le persone che, a causa di una infermità o di una menomazione fisica o psichica, non sono in grado – in tutto o in parte – di provvedere ai propri interessi.
È stata introdotta con la Legge n. 6/2004 (artt. 404 e ss. c.c.) per offrire una tutela flessibile e personalizzata, fondata sul principio della minore limitazione possibile della capacità di agire, a favore di chi si trovi in condizioni – anche temporanee – di ridotta autonomia nella vita quotidiana.
La domanda di amministrazione di sostegno si presenta al Giudice Tutelare del luogo in cui la persona da proteggere ha la residenza o il domicilio.
Può essere proposta da una serie di soggetti:
Il funzionamento dell’istituto si basa su un decreto del giudice tutelare, che stabilisce in modo chiaro modalità, limiti e poteri dell’amministratore.
Il decreto deve indicare:
Il giudice può modulare l’intervento in modo molto preciso, prevedendo:
Una delle novità più rilevanti dell’amministrazione di sostegno rispetto agli strumenti tradizionali è che il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti non espressamente indicati nel decreto di nomina.
Questa impostazione riflette l’essenza dell’istituto: rappresentare o affiancare la persona solo dove necessario, tutelandone la dignità e promuovendo l’autonomia residua.
Una questione delicata riguarda la possibilità, per il beneficiario, di compiere atti di donazione, che per loro natura richiedono piena capacità di agire.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n.114/2019, ha chiarito che l’art. 774 c.c. – che prevede che non possono fare donazione coloro che non hanno la piena capacità di disporre dei propri beni – si applica solo a interdetti, inabilitati e minori, e non automaticamente ai beneficiari di amministrazione di sostegno.Infatti, l’art. 409 c.c. stabilisce che il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli attiche non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno.
Solo se il decreto indica espressamente che anche la donazione è tra gli atti sottratti alla sua capacità, si applica l’art. 774.
In assenza di tale previsione, la donazione resta un atto personalissimo che il beneficiario può compiere autonomamente, a condizione che sia in grado di intendere e volere al momento dell’atto.
Il notaio incaricato ha il compito di verificare con attenzione il contenuto del decreto di nomina e accertare lo stato di lucidità del beneficiario, per garantire la validità giuridica della donazione.
Il notaio svolge un ruolo importante in diversi momenti legati all’amministrazione di sostegno: dalla consulenza, alla redazione degli atti, fino alla verifica della capacità del beneficiario.
Una delle possibilità offerte dalla legge è quella di designare in anticipo il proprio futuro amministratore di sostegno, per il caso in cui si dovesse perdere, un giorno, la capacità di provvedere a sé stessi.
Ai sensi dell’art. 408, comma 1, c.c., questa designazione può essere fatta solo mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata, con l’assistenza di un notaio.
È un atto di grande valore, che consente a ciascuno di anticipare le proprie volontà e scegliere con serenità, finché è pienamente capace, chi potrà assisterlo in futuro.
In sintesi, l’amministrazione di sostegno è uno strumento prezioso per proteggere chi amiamo nelle fasi di fragilità. Con l’aiuto del notaio, è possibile pianificare per tempo le proprie scelte, garantendo assistenza e tutela con la massima sicurezza giuridica.